mercoledì 10 aprile 2013

VIVE LE ROCK - Edoardo Winspeare ci prova con il falso documentario


Alex (al secolo Donato Del Giudice) ha 35 anni, sembra un Pinocchio punk. La sua generazione non c’entra niente con il punk più duro. Ma lui ne è ossessionato. Forse perché Johnny Thunders (artista scomparso nel 1991) gli ha salvato più di una volta la vita. Lui vuole togliersi la vita, ma qualcosa lo salva. Una proposta: dovrà seguire una band indie-rock brasiliana, i Vivendo do òcio (che nel frattempo ha spiccato il volo in patria agli Mtv Awards), scelta come gruppo di apertura al concerto di Lou Reed (in realtà lo chiuderà). 

Dopo documentari sull’universo femminile (“Eccomi” e “A Sud delle donne”), Alessandro Valenti presenta al Festival del cinema europeo (in corso a Lecce) “Vive Le Rock”, prodotto da Edoardo Winspeare (con la collaborazione di Vestas Hotels & Resorts) per la sua Saietta Film (di cui è socio con Gustavo Caputo). Questa produzione di Lecce, nata l’anno scorso, presto vedrà il primo ciak del lungometraggio “In grazia di Dio”, scritto da entrambi. Una lunga collaborazione quella tra Winspeare e Valenti: in scrittura e sul set (Alessandro ha recitato in “Sangue Vivo”). “Vive Le Rock” (costato 50 mila euro) avrebbe dovuto essere presentato ad Italia Wave Love Festival, ed invece passa in anteprima come Evento speciale al Festival del cinema europeo. “Il giovane 35enne protagonista – racconta Valenti classe 1973 – narra il suo immaginario. E’ una persona che ha vissuto esperienze estreme e che è stato salvato dalla musica. Nel mockumentary questo ragazzo che ama il punk segue note non punk, e lo si osserva in una dimensione estraniante, come se si trovasse sempre altrove”. Intanto, il primo ciak di “In grazia di Dio” sarà battuto nel Basso Salento (“Non è una scelta provinciale – precisa Wnspeare -, lo faccio per la passione e i legami che ho con questa terra, e in umiltà, conoscendo qui ogni cosa”) il 29 aprile. 

“Racconta – anticipa il regista classe 1965 – la storia di una famiglia in questo tempo di crisi. Protagonisti sono i ‘fasonisti’, una sorta di ‘cinesi d’Italia’, che lavorano in piccole fabbriche per grandi brand nazionali, relegati in scantinati. Ma cadranno in disgrazia per la concorrenza dei veri cinesi, le banche, l’usura ed Equitalia (curiosità il mio socio ne è un dipendente). Costretti a chiudere per questi motivi, si trasferiranno in campagna, senza alcun romanticismo”, e sentimenti bucolici. “Qui – continua Winspeare - riescono a sopravvivere grazie al baratto. Il film è duro e crudo, ma è sulla felicità”. In scena attori non professionisti, “tutti del posto, ognuno col suo soprannome originale. Qualche professionista ci sarà, ma avrà solo ruoli minori”. Il film prevede 5 settimane di lavorazione, è “finanziato dalla Apulia Film Commission e da vari sponsor, ma anche col baratto – dice Winspeare precisando -, io faccio spot in cambio di aiuti produttivi”. 

 Da Il velino

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